Distintivi, estetica e fantasia all'ombra del Vesuvio
di
Dino Alinei
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Dall’agosto
del 1926 – anno in cui per la prima volta un club di
football prende all’ombra del Vesuvio il nome della
città in italiano – nei settantotto anni di vita come
Calcio Napoli, il distintivo della società muta
sensibilmente per morfologia, dimensioni, tono di
smalti, simbologia e, naturalmente, ragione societaria.
Già le progenitrici mostrano sensibilità estetica
spiccata: il Naples F.B.C. si fregia di un distintivo
bellissimo, tondo con cinque fasce verticali con una N
dolcemente dominante la sigla FBC: I caratteri sono
araldici dorati (nella foto). L’Unione Sportiva
Internazionale ha un grande distintivo rotondo, con la
sigla “IN” in bianco sullo smalto blu notte |
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Per l’Internaples, nata dalla fusione dei due Club, la
Ditta “Picchiani” di Firenze conia un distintivo a
rombo, splendido, dal fondo imprevedibilmente porpora,
alla cui periferia bianca si legge l’intera
denominazione “Unione Sportiva Internaples”, mentre la
sigla U.S.I. intrecciata domina lo scudo (nella foto). A
quel tempo il distintivo ottiene grande successo per la
sua bellezza.
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La neonata
Associazione Calcio Napoli per il suo primo distintivo
ufficiale vuole un bozzetto che la identifichi con la
Città e ne adotta l’emblema dell’epoca, il cavallo
rampante, oggi simbolo della Provincia. L’origine della
scelta di questo simbolo è controversa: il cavallo
“frenato” era simbolo del “Sedile” di Porta Capuana nei
Tribunali, in uno stemma in campo azzurro; in antitesi
il bronzo “sfrenato” che Corrado, figlio del grande
Federico II, notò dinanzi alla Chiesa di Santa
Restituta, attuale sede dell’Arcivescovato, realizzato
con maestria da un anonimo artigiano greco. Una terza
teoria del Doria vuole che la scelta fosse ispirata dal
cavallo d’oro “sfrenato” simbolo del ”Sedile” di Nilo.
Nasce così il primo distintivo dell’A.C. Napoli (nella
foto): un ovale a maggior asse longitudinale con il
cavallo rampante argentato in campo blu marino,
contornato dalla sigla A.C.N. in oro, con le zampe
d’appoggio sul pallone da football alla base, anch’esso
in oro.
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Il campionato 1926-27,
il primo del Napoli, è un autentico calvario, con la
squadra ripetutamente sconfitta in casa e lontano dalle
mura amiche: una sera nel classico ritrovo degli
sportivi partenopei, il Bar Brasiliano in Galleria, un
tifoso rimasto anonimo, commentando l’ennesima batosta
esclama “ ‘sta squadra nosta pare ‘o ciuccio ‘e Fichella,
novantanove piaghe e ‘a cora faceta”: mai avrebbe
immaginato di aver regalato il simbolo araldico al suo
Napoli, anche perchè pure il giornale satirico “Vaco ‘e
pressa” di Francesco Bufi e Beniamino Degni aveva
trasformato il cavallo rampante in somarello pieno di
acciacchi…Il nuovo conio ufficiale risale agli anni
Trenta: di forma triangolare, ammorbidito agli angoli,
con il vertice verso l’alto su sfondo azzurro dai toni
decisamente forti, la sigla A.C.N. in oro campeggia
intrecciandosi sull’’immagine stilizzata del Vesuvio con
pennacchio: il conio è della “Picchiani & C” di Firenze.
Il distintivo viene venduto unitamente all’abbonamento
allo Stadio al prezzo di cinque lire. Una modifica
appena successiva reca alla base del distintivo una
fascia in smalto bianco con il motto storico del tifo
“Ciuccio fa tu” (nella foto) inventato ed adottato in
occasione di una memorabile partita rimontata alla
Juventus, due a due, con doppietta di Buscaglia nella
stagione 1929-30
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Durante il regime fascista il campo dello scudo è
smaltato in nero, la N bianca vi si staglia in bella
evidenza. Non è precisa la collocazione cronologica,
probabilmente fine anni 30, di un esemplare tra i più
belli ed articolati, con inciso sul piedino la firma S.
Johnson; la sigla ACN costituisce il robusto piedistallo
su quale si impenna, scontornato, un artistico cavallino
rampante anch’esso dorato, il quale si poggia su un
piccolo pallone azzurro con bordi in oro, inscritto in
un cerchietto smaltato in bianco contornato in oro
(nella foto).
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Nei primi Anni
Quaranta il distintivo del Napoli assume una forma
scudata, la N bianca in campo blu, con orli intarsiati
in oro e in un’altra versione con bordi lineari.
Successivamente il Napoli ordina un esemplare della
“Castelli Milano”, un pezzo rotondo, pallone di cuoio
sezionato al centro dello scudo, contornato dalla sigla
Assoc. Calcio Napoli in oro su fondo smaltato blù,
(nella foto) poi ripreso dalla “Pacchiani & C” di
Firenze con contorno periferico bianco e diametro
minore.
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In piena ricostruzione
postbellica torna la voglia di…pallone: il 19 gennaio
1945 su intelligente proposta di del giornalista Arturo
Collana, presidente della Sportiva Napoli (della quale
si conosce un bell’ovale smaltato in azzurro con
intrecciate le lettere S e N in argento) si arriva alla
fusione con la cugina Polisportiva Napoli: presidente
della nuova Società, battezzata Associazione
Polisportiva Napoli, viene eletto il dott. Gigino
Scuotto. Lo splendido azzurro pastello delle maglie
caratterizza anche il distintivo pentagonale con una
scritta N bianca centrale , realizzata dalla “Johnson”
di Milano dopo una lunga serie di prototipi (nella foto)
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Il Consiglio Direttivo
il 1 febbraio 1947 delibera la variazione della
denominazione sociale in Associazione Calcio Napoli, un
ritorno all’anteguerra, omaggio forse al grande
presidente Ascarelli, assumendo, prima in Italia, forma
giuridica di s.r.l. Alla presidenza va l’ing. Vincenzo
Savarese. Intorno al 1950 viene ideato un ovale con
l’icona plastica di un calciatore in azione, in argento
su smalto blu notte, della Ditta “F.M. Lorioli” di
Milano (nella foto). Si ritrova poi un distintivo molto
simile al primo, cavallino rampante in oro e argento
ripreso nel 1964 anche dall’Internapoli di Proto,
ordinato alla Ditta fiorentina “Picchiani & Barlacchi”.
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A
cavallo tra gli Anni 50 e gli Anni 60 viene adottato il
classico distintivo “a botte” con la N centrale dorata.
Per celebrare la vittoria in Coppa Italia nel 1962 ed in
previsione del debutto internazionale in Coppa delle
Coppe, il club ordina alla “Johnson” uno scudo tondo con
la N in oro su fondo blu, tricolore sul bordo (nella
foto)da distribuire ad avversari e Stampa, unitamente ai
gemelli da polso: un tocco di internazionalità voluto
dal noto dirigente del Napoli, Gigino Scuotto .
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La modifica in S.S.C.
Napoli nel 1964 segna la definitiva adozione della N a
tutto campo. Il distintivo assume forma tonda, smalto
azzurro e bordo in oro (nella foto) Per la prima volta
nel 1965-66 la società guidata dal presidente
Roberto Fiore ne fa dono ai fedeli abbonati partenopei.
Una riedizione vede la sigla SSC Napoli al di sotto
della N ed iscritta nel fondo azzurro. Una variante
successiva prevedeva poi anche una sottile fascia
tricolore.
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Stravagante il distintivo adottato dal Calcio Napoli nel
1969 ( nella foto) che vede tre gigli in oro contornare
la N della società partenopea su sfondo azzurro. Una
divagazione storica, come fu lo stemma borbonico
fortemente voluto dal presidente Corrado Ferlaino sulle
copertine degli abbonamenti e sulla bellissima medaglia
coniata dal Napoli per celebrare la nascita del Centro
Paradiso di Soccavo nel 1975. Questo distintivo con una
N dorata in campo azzurro, ma di forma rettangolare, fu
riproposto nel 1972.
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Dopo la vittoria della
seconda Coppa Italia conquistata dal Napoli nel 1976, la
società azzurra commissiona alla Ditta “Johnson” un
distintivo, completamente differente dal precedente, di
forma rettangolare e verticale in cui svetta un
cavallino rampante sul pallone d’oro e con una fascetta
tricolore alla base, con la sigla societaria , S.S.
Calcio Napoli, sistemata in basso (nella foto). Quel
nuovo distintivo dalla forma alquanto particolare ebbe
molto successo, nonostante le dimensioni, tra i
sostenitori del Napoli.
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Finalmente il ciuccio,
attore solo di vignette umoristiche e caricaturali e
protagonista dei cartelli e degli striscioni dei tifosi,
si fa testardamente spazio. Bonetto, manager nordico,
ignorando l’origine popolare di quel simbolo, voleva
abolirlo. La società per tutta risposta ne fa per la
prima volta l’emblema ufficiale. Il vecchio
ciucciariello passa per un lifting di stilizzazione: il
corpo e le zampe rigorosamente in azzurro vanno a
formare una N mentre le orecchie ingigantite gli
conferiscono un aspetto… conigliesco: il grande
distintivo rotondo, ottonato, finalmente ne premia la
tenacia (nella foto).
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Nel 1985 la società
azzurra ritorna all’antico, ma il distintivo piccolo e
tondo perde decisamente qualità e prestigio, proprio e
paradossalmente in antitesi con il grande splendore dei
risultati sportivi ottenuti nell’epoca maradoniana. Il
personaggio di Gennarì, lo scugnizzo dal “foularino”
rosso, voluto per scopi di marketing non incontra i
favori e le simpatie dei tifosi: l’idea della “Cogepa”
di Milano non riesce a mandare in pensione il Ciuccio…
La “Napoli-marketing” fa produrre alla “Gemme” di
Torino, nel 2000, alcuni pezzi graficamente fantasiosi,
ma la cui qualità modesta degli smalti e dell’icona,
unitamente al decadere dei valori della squadra, non
entusiasma: una N in oro su fondo azzurro, sole nascente
sul Vesuvio in oro e azzurro, con la sigla Calcio Napoli
nel Golfo (nella foto), ed un altro con il cerchio blu
mare con grande N dorata poggiata sul Maschio Angioino .
Ed ora, passata la bufera del fallimento, si attende la
fantasia del nuovo Napoli, sperando che la società di De
Laurentiis e Marino sappia ridare splendore all’immagine
della squadra.
Dino Alinei
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Da Jagodina, cittadina serba 140 chilometri a sud di
Belgrado, un bel contributo alla raccolta di
distintivi. Milorad Kolakovic, appassionato
collezionista di 61 anni, tifosissimo della Stella
Rossa, ci invia la sua personale collezione di
distintivi del Napoli, ricordandoci la popolarità
gli azzurri in Serbia, grazie ovviamente alle gesta
di Maradona. Da notare la variante in acciaio del
distintivo del Napoli degli anni trenta, pezzo
rarissimo e di grande valore, trovato....in un
mercatino di Belgrado.
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Quando Fiore cambiò la maglia per
scaramanzia...
L’azzurro
è stato sempre (o quasi) il colore dominante del Napoli.
Tutto cominciò ad inizio secolo con il Naples Cricket
and Football Club che muoveva i primi passi sul campo
Marte dalle parti di Capodichino. I colori erano blu e
celeste. Poi nel 1911, a seguito di una scissione, fu
fondata l’Internazionale che scelse di indossare una
maglia blu notte, fin quando le due società per motivi
economici, il Naples della Pignasecca e l’Internazionale
di Via Medina si fusero nell’Internaples (1922) con
maglietta azzurra e risvolti celesti.
Nel 1926 comparve sulla scena l’Associazione Calcio Napoli, guidata
da Giorgio Ascarelli e cominciò la storia nei campionati
a carattere nazionale. Il Napoli giocò sempre in maglia
azzurra, con colletto prevalentemente a forma di “V” con
bordini bianchi, senza le stravaganze dei giorni nostri.
Come per quasi tutte le squadre di un tempo, i colori
delle maglie erano soltanto due, quelli tradizionali e
quelli di riserva, per le eventuali emergenze
cromatiche, per evitare cioè le confusioni in campo,
soprattutto per le partite in casa perchè un tempo – si
diceva “per dovere di ospitalità” - erano le squadre
ospitanti a cambiare maglia quando l’avversaria
indossava un colore più o meno identico e non come
adesso, in cui chi gioca in trasferta deve cambiare il
colore delle proprie maglie.
Con la maglia azzurra, tutta un fondo e bordini bianchi, il Napoli
giocò fino all’Ottanta, cambiando a volte solo i
risvolti bianchi dei colletti. Poi comparvero gli
sponsor sulle tenute di gara e le magliette cambiarono
per tutte le squadre, di anno in anno, nella foggia e
nei colori, sempre più stilizzate. Solo un paio le
eccezioni: nel primo campionato del dopoguerra, il
Napoli esibì sul petto a sinistra una grossa “N”
inserita in uno scudo bianco e nel ‘65-‘66 il Napoli
giocò ad un certo momento con una maglia bianca con una
fascia trasversale azzurra, ritenuta portafortuna
perché... stava permettendo al Napoli di essere
protagonista nella lotta per la promozione in Serie A
(poi conquistata), sull’esempio del Bologna che aveva
imbroccato una lunga serie positiva con una maglia
bianca e striscia trasversale rossoblu. E con quei due
superstiziosi di Fiore e di Pesaola alla guida del
Napoli non c’era da meravigliarsi...
Da segnalare anche che dal 1996-97 con l’inserimento dei nomi dei
giocatori sulle spalle, le magliette furono
personalizzate, adottando anche la numerazione da 1 a
99.
Come si vede, nelle foto, il Napoli mostrò dal 1981 in
poi gli abbinamenti con Snaidero, Cirio, Berna, Buitoni,
Mars, Voiello, Record, Centrale del Latte, Polenghi,
Peroni, Diadora, Mandi e Lete.
Sopra, due "figurine" del Napoli degli Anni
Quaranta che andavano a ruba tra i ragazzi dell'epoca.
Sotto i cambiamenti più
significativi della maglia del Napoli: dal Naples del
1904 ai giorni nostri. |
NAPLES 1904
Maglia azzurra e celeste a strisce |
INTERNAZIONALE
1911
Blu notte |
INTERNAPLES
1922
Maglia azzurra |
NAPOLI 1945-46
Maglia azzurra
e scudo bianco |
NAPOLI 1965-66
Maglia bianca
striscia azzurra |
NAPOLI 1974-75
Maglia azzurra
e bordi bianchi |
NAPOLI 1981-82
Maglia azzurra
Snaidero |
NAPOLI 1982-83
Maglia azzurra
Cirio |
NAPOLI 1983-84
Maglia azzurra
Berna |
NAPOLI 1987-88
Maglia azzurra
Buitoni |
NAPOLI 1989-90
Maglia azzurra
Mars |
NAPOLI 1991-92
Maglia azzurra
Voiello |
NAPOLI 1994-95
Maglia azzurra
Record Cucine |
NAPOLI 1996-97
Maglia azzurra
Centrale del latte |
NAPOLI 1997-98
Maglia azzurra
Polenghi |
NAPOLI 2001-02
Maglia azzurra
Peroni |
NAPOLI 2002-03
Maglia azzurra
a strisce - Peroni |
NAPOLI 2003-04
Maglia azzurra
senza sponsor |
NAPOLI SOCCER
2004-05
Azzurra - Mandi |
NAPOLI 2005-06
Maglia azzurra
Lete |
E sulle maglie azzurre
apparve la pubblicità dei film
Capitolo a parte per una novità apparsa sulle
maglie del Napoli Soccer. Nell'ottobre del 2004,
Aurelio De Laurentiis, il presidente azzurro, noto produttore
cinematografico, alla guida della società dopo il
fallimento di Totò Naldi, in attesa di un congruo
contratto di sponsorizzazione per il Napoli, decise
di fare pubblicità ai suoi film, attraverso le
magliette della sua squadra, militante in Serie C.
Così sulle magliette azzurre comparve il titolo del
film "Sky Captain". Poi fu
pubblicizzato un altro film, "Christmas in love".
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