Tifo violento
azzurro sugli spalti

Ricostruiamo
le partite, dagli Anni Venti ad oggi, in cui il Napoli, sia in casa
che in trasferta, è stato al centro di seri incidenti sul terreno di
gioco e sugli spalti, per colpa dei suoi tifosi o per colpa dei
sostenitori avversari. Invasioni di campo, guerriglie con la
Polizia, attacchi agli arbitri, sassaiole, lanci di petardi, tutti
validi motivi per l'intervento sanzionatorio del Giudice Sportivo
che - tranne rari casi -ha applicato il 2-0 al tavolino
Nella foto a destra, la prima pagina della "Domenica del Corriere"
con la ricostruzione del famoso disegnatore Achille Beltrame, in occasione dei
clamorosi incidenti allo stadio del Vomero, in Napoli-Bologna, del 6
novembre 1955, protagonista l'arbitro Maurelli, con una guerriglia
tra tifosi e Forza Pubblica, 140 feriti, 30 fermi e 15 arresti.
IL FATTACCIO PIU’
CLAMOROSO:
GENOA-BOLOGNA CON COLPI DI RIVOLTELLA -
Prima di affrontare
la ricostruzione delle intemperanze dei tifosi che vide al centro la
squadra del Napoli, per onore di cronaca occorre ricordare che il
“fattaccio” più famoso di eccessi sportivi in Italia fu registrato
nel 1925, quando tifosi del Bologna e del Genoa si presero a
rivoltellate dai treni nella stazione di Torino. Il Bologna e il
Genoa erano finaliste per il titolo nazionale. A Bologna avevano
vinto i liguri per 2-1, ed a Genova gli emiliani si erano imposti
col medesimo punteggio. Occorreva la “bella” che si giocò a Milano.
Il Genoa vinceva per 2-1, quando il cannoniere bolognese Muzioli,
quello che sfondava le reti con i suoi tiri, sparò una “bomba”
contro la porta di De Prà. Il difensore respinse la palla, ma molti
tifosi bolognese l’arbitro videro la sfera varcare la linea bianca.
L’arbitro decretò, quindi, il 2-2. Di qui invasione di campo,
sospensione e nuova ripetizione a Torino dove la partita si chiuse
alla pari ( 1-1) dopo i “supplementari”. Con la prospettiva di una
ennesima partita, i tifosi del Bologna e del Genoa si incontrarono
alla Stazione di Torino. I due treni, uno diretto a Bologna, l’altro
a Genoa, inopportunamente erano stati affiancati. Prima le ingiurie,
poi il lancio di oggetti, infine lo scambio di revolverate, per
fortuna senza morti. L’incidente gravissimo fu soffocato dal governo
fascista che volle tenere nascosto un episodio che aveva
impressionato profondamente. Il terzo spareggio si giocò a Milano,
dopo un mese, ma a porte chiuse. Lo scudetto fu poi vinto dal
Bologna per 2-0.
CARCANO E FERRARI IN FUGA DA NAPOLI
(18 luglio 1926)
– A Napoli, la
prima invasione di campo che si ricordi ebbe un grande clamore ed
eccezionali conseguenze. Avvenne nella gara di ritorno della
finalissima interregionale del torneo 1925-26 tra l’Internaples e
l’Alba Roma. Nella notte che precedeva la gara d’andata, i tifosi
romani si appostarono sotto le finestre dell’albergo che ospitava i
napoletani e per ore ed ore infastidirono i giocatori con le loro
stornellate.
Gli azzurri dopo una notte ovviamente insonne, stanchi
e nervosi, subirono poi un umiliante 6-1 tra il vergognoso
comportamento dei tifosi capitolini, i quali durante la partita si
distinsero per il lancio di ortaggi, oggetti e insulti. Nella
partita di ritorno a Napoli, all’Arenaccia, dopo 10 giorni, la folla
napoletana – in cerca di rivalsa - riuscì a contenersi anche perchè
l’Internaples era andata in vantaggio ben presto su calcio di
rigore, ma sul finire della gara, quando i giochi sembravano già
fatti, l’Alba pareggiò con un penalty, dopo un’azione viziata da un
fallo simulato. Botte da orbi in campo e sugli spalti, invasione di
campo, caccia ai giocatori romani e al malcapitato arbitro Dani.
L’allenatore Carlo Carcano (ex nazionale) e il promettente attaccante Ferrari , atterriti dalla
gravità degli incidenti e dal clima, fecero le valige e nottetempo
lasciarono Napoli per non farvi più ritorno. L’Internaples perse un
ottimo tecnico e soprattutto un grande giocatore, la giovane mezzala
Giovanni Ferrari che nella sua luminosa carriera in tre diverse
squadre (Ambrosiana, Juve e Bologna) vinse poi otto scudetti e due
mondiali. Una grossa perdita per il calcio napoletano che aveva
saputo ingaggiarlo. Al Napoli fu inflitta la squalifica di campo per
un anno, che poi fu ridotta a due mesi, a seguito della riforma del
torneo. Si andò a giocare al campo dell’Ilva Bagnoli. Nella foto,
Giovanni Ferrari, campione del mondo del 1934 e 1938 che nel 1926,
appena ventenne, giocava con l'Internaples, fuggì dalla città
partenopea impaurito per il clima calcistico.
L’ARBITRO NON VIDE LA PALLA IN RETE (2
gennaio 1927) – Protagonisti
per la prima volta i tifosi del Napoli, la società da poco
costituita. In campo all’Arenaccia c’era il Genoa. Mentre i rossoblu
erano in vantaggio per 3-2, ma pressati dal Napoli, vicinissimo al
pareggio, l’ala sinistra azzurra Venturi, a due minuti dalla fine,
effettuò un traversone che il portiere genoano parò dentro la rete.
L’arbitro Gasperini, lontano dall’azione, non vide la palla in porta
e lasciò proseguire l’azione. La contestazione dei tifosi fu
violenta e il Giudice Sportivo – a fronte degli incidenti - assegnò
partita vinta al Genoa per 2-0. Il fattivo comportamento dei
dirigenti e della Polizia evitò la squalifica di campo. Fu
scongiurata la mano pesante perché si trattava del campionato in cui
il Napoli si classificò ultimo con un solo punto (!!!) all’attivo.
Significava sparare sulla Croce Rossa…
IL GESTO DELL’OMBRELLO
(24 maggio 1931) Napoli- Ambrosiana: una
delle sfide tra Sallustro e Meazza si concluse sul campo per 2-2
(entrambi in gol), ma la partita vide poi protagonisti i tifosi.
Mentre le squadre erano sull’1-1, l’ala milanese Visentin accompagnò
il gol del 2-1 con un’esultanza insolita che dette l’impressione ai
tifosi di aver fatto il gesto dell’ombrello, prettamente italico. Fu
inscenata una violenta contestazione contro l’arbitro Scorzoni,
colpevole di non aver espulso il reo. La partita fu sospesa per
alcuni minuti, per sedare i tumulti, e quando il gioco riprese
l’arbitro bolognese, a pochi minuti dalla fine permise al Napoli di
pareggiare con Tansini, grazie ad un rigore concesso per placare la
folla. Ciò non gli impedì di subire un nutrito lancio di oggetti ed
una scarpa sul petto. La partita fu data vinta all’Ambrosiana per
2-0 ed il campo venne squalificato per una giornata (a Salerno)
.
INTEMPERANZE ANCHE IN CAMPO NEUTRO
(7 giugno 1931) – A seguito della
squalifica per gli incidenti di Napoli - Ambrosiana, gli azzurri
ospitarono il Milan sul campo neutro di Salerno. Ma anche qui, a
seguito della sconfitta per 1-0, i tifosi azzurri provocarono
incidenti, convinti che a danno del Napoli si stesse attuando una
congiura a favore delle milanesi. Il risultato di 1-0 non venne
mutato, anche perché il Napoli aveva già perso sul campo, ma il
clima rimase tesissimo. Nella successiva partita interna con il
Torino (21 giugno 1931) conclusasi col risultato di 1-0 per i
granata, la concessione ai granata di un rigore inesistente provocò
un’invasione. Conseguenza, il 2-0 a tavolino e la squalifica di
campo fino al 30 settembre del 1931.
A MILANO KARAKIRI DEI TIFOSI ROSSONERI
(29 aprile 1934) – All’ultima
giornata di campionato, Milan-Napoli, con l’arbitro protagonista di
una serie di sviste. Il pubblico meneghino lanciò ripetutamente
oggetti in campo e non si fermò, nemmeno quando i rossoneri andarono
in vantaggio su un Napoli composto da tutte riserve, tranne
Innocenti (per il terzo posto ormai acquisito dagli azzurri e per
risparmiarsi in vista della partita di Coppa Europa contro l’Admira).
Di fronte ad un nuovo assurdo e violento lancio di pietre per una
mancata espulsione di un giocatore napoletano , l’arbitro Zorzi di
Vicenza fischiò in anticipo la fine. La vittoria fu assegnata al
Napoli per 2-0, ma gli azzurri furono puniti con una forte multa di
10 mila lire per non aver schierato la migliore formazione.
SALLUSTRO SEGNO’, MA UN FISCHIO DAGLI SPALTI…
(20 gennaio 1935) - Livorno-Napoli. Due gol di Sallustro ed uno dell’ala azzurra
Ferraris II, ma la seconda rete di Attila fu segnata nello stesso
istante in cui sul campo si udiva un sibilo emesso da un fischietto.
I toscani cedettero che l’arbitro avesse annullato il gol, ma
Bonivento indicò il centro del campo: non aveva fischiato lui.
Cominciò la contestazione dura del pubblico toscano, accompagnata
dalle continue proteste dei giocatori amaranto, soprattutto dopo un
terzo gol segnato da Ferraris II. L’arbitro, di fronte a tanta
ostilità, fu costretto a ritenere sospesa la partita prima del 90’.
Due giocatori amaranto furono espulsi, Garaffa ed Uslenghi ( il
centromediano poeta , pittore e “carro armato” poi passato al
Napoli), quindi gli spogliatoi vennero assediati dai tifosi toscani
e protetti dalla Polizia. Due a zero del giudice sportivo in favore
del Napoli per l’applicazione dell’allora articolo 40.
IL FEDERALE DI NAPOLI NON CONVINSE
L’ARBITRO (9
febbraio 1941) - In
30 mila all’Ascarelli per un sentitissimo Napoli-Lazio. L’arbitro,
pur bravo, il bolognese Galeati,
ne commise di tutti i colori
consentendo tra l’altro ai laziali di andare in vantaggio con un
discusso rigore. Ma a sette minuti dalla fine lasciò impunito un
fallo da penalty macroscopico a danno dell’azzurro Rosellini, solo
davanti al portiere Gradella (uno dei migliori in campo). Pareggio
sfumato e rabbia dei tifosi con tentata invasione di campo. Le forze
dell’ordine intervennero, bloccarono i tifosi esasperati. L’allora
federale di Napoli, dott. Milone, invitò , quindi, l’arbitro a
riprendere il gioco, garantendogli l’incolumità a lui ed ai laziali.
Ma Galeati fermamente si rifiutò, sostenendo di aver concluso la
partita al 38’ della ripresa. Due a zero, dunque, a danno del Napoli
per l’articolo 50, squalifica di campo per una giornata, (a Lucca) multa di
500 lire e squalifica per più giornate all’attaccante Barrera.
Nella foto, il portiere della Lazio, uno dei migliori all'Ascarelli.
UNO SPARO: L’ARBITRO STAMPACCHIA SI FINSE MORTO
(maggio 1945) - Dopo
il periodo bellico, la ripresa del calcio fu difficile anche a
Napoli, seriamente bombardata e con i campi di gioco, trasformati in
depositi di carburante ed occupati dalle Forze Alleate. Le Autorità
Civili e Militari, pressati dai tifosi, autorizzarono solo un
campionato regionale, a patto che non ci fossero verificati
disordini e soprattutto violenze. Ma l’impegno delle Società rimase
solo una speranza. I risultati di ben dieci incontri furono decisi
dal Giudice Sportivo. Da segnalare quanto accadde duranti un derby Salernitana-Napoli. Sull’ 1 a 1 mentre i giocatori si azzuffavano e
se la davano di santa ragione, esplose la rissa anche sugli spalti,
affollati di tifosi napoletani. Nella baraonda si udirono alcuni
colpi da arma da fuoco. Attimi di sgomento, anche perché si vide
l’arbitro Stampacchia accasciarsi al suolo. Morto? Ferito? Svenuto?
No: l’arbitro aveva finto di essere stato colpito per placare i
contendenti, giocatori e tifosi. Stampacchia venne portato via a
braccia ed i giocatori rientrarono mesti e preoccupati negli
spogliatoi. Il Comitato Regionale sospese l’attività a tempo
indeterminato. Nessun arbitro se la sentiva di andare a dirigere gli
altri incontri, soprattutto la bollente Scafatese-Juve
Stabia (capolista). Da Roma si sospese il campionato che riprese il
17 giugno del 1945, con Napoli-Juve Stabia 3-3 e le “vespe” campioni
campani nel torneo regionale misto.
LE
“VENDETTE” DEGLI ARBITRI
(19 ottobre 1947) - Il Napoli allo
stadio del Vomero
affrontò il Vicenza alla ricerca della prima vittoria in campionato.
Gli azzurri passarono in vantaggio con un gol di Busani e nella
ripresa, dopo il pari dei veneti, avevano conquistato anche la
vittoria con un gol di Di Benedetti, ma l’arbitro Massai di Pisa
(quante malefatte commise nella sua carriera!) annullò la rete.
Lancio di pietre, tentativo di invasione. Il risultato non fu
cambiato dal giudice, ma il Napoli (multato di 300 mila lire) pagò
con la squalifica del campo per una giornata e poi con una sconfitta
la domenica successiva sul “neutro” di Pescara contro l’Alessandria,
pericolante come il Napoli. Fu il frutto dell’insofferenza reciproca
ormai stabilitasi tra il Napoli e la categoria arbitrale. Gli
azzurri, tartassati a Pescara dall’arbitro Zambotto, furono
sconfitti per 2-1 dai grigi piemontesi, a seguito di due rigori
concessi agli ospiti e realizzati da Coscia e all’annullamento di
una rete di Di Benedetti del tutto regolare che avrebbe significato
il 2-2. Squalificati anche Di Costanzo e Pastore, distintisi
sul…ring. Vendetta consumata, quindi.
PIETRE PER LA VITTORIA
(23 novembre 1947) - Animi ancora esasperati
al Vomero, anche perché i tifosi non accettavano il continuo
atteggiamento deludente dei giocatori azzurri. Fu così che contro la
Pro Patria, nonostante il gol di Krieziu e la vittoria per 1-0, al
fischio di chiusura si registrò una fitta sassaiola in campo.
Nessuno però fu colpito e la partita venne omologata con 1-0, ma
arrivò, oltre ad una pesantissima multa la squalifica di campo. La
partita con la Samp si giocò sul neutro di Firenze e il Napoli pagò
con una sconfitta (1-2) le assurde “simpatie” arbitrali.
L’ARBITRO
PER ORE ASSEDIATO NEGLI SPOGLIATOI
(11 gennaio 1948) -
Terza partita della stagione ’47-’48 caratterizzata da sassaiole.
Gol del solito Di Benedetti contro il Bologna al Vomero. Sembrava
fatta e, invece, a pochi minuti dalla fine l’arbitro triestino Pieri,
in nera giornata, convalidò la rete del pareggio di Biavati,
preceduta da un fallaccio dell’ala nazionale ai danni di Pretto. I
tifosi napoletani si sentirono defraudati della vittoria e a fine
partita, secondo la moda di quella stagione, lanciarono una fitta
sassaiola , completata dall’assedio all’arbitro, costretto per varie
ore nello spogliatoio. Una giornata di squalifica al campo. Contro
il Milan
si giocò sul “neutro” di L’Aquila. Autogol di Rosi,
raddoppio di Raccis, espulsioni degli azzurri Di Benedetti e Verrina
e del milanista Cerri. Alla fine (0-2), tentativo di invasione di
campo da parte dei tifosi del Napoli, accorsi in gran numero, e
assedio all’arbitro Pera negli spogliatoi. Ma il Napoli pagò fino
all’ultimo il rapporto ormai incrinato con gli arbitri e col
“palazzo”. Famosa fu la scandalosa direzione di gara di Bonivento a
San Siro il 20 giugno nella partita-spareggio per la retrocessione
tra l’Inter ed il Napoli. Due falli da rigore ai danni di Krieziu e
Barbieri non furono puniti, un gol regolare di La Paz venne
annullato dopo una vera aggressione dei nerazzurri all’arbitro
(ultima direzione della sua carriera). A fine partita, vinta dall’Inter
per un gol di Lorenzi, la Polizia fu costretta a intervenire per
proteggere Bonivento dalla reazione inviperita degli azzurri.
Stagione segnata. Il veleno finale fu costituito poi dall’accertata
corruzione operata dal Napoli per la partita vinta a Bologna.
Conseguente il declassamento all’ultimo posto e retrocessione.
Nella foto, un affondo di Di Benedetti, il centravanti azzurro nel 1947-48
A NOVARA SASSATA SULLA TESTA DELL’ARBITRO
(5 aprile 1953) - Stavolta
il Napoli, in serie positiva e destinato al quarto posto, subì l’ira
dei tifosi in campo esterno, a Novara, dopo una vittoria per 1-0,
con gol di Vitali. I tifosi piemontesi delusi per la sconfitta
interna e per l’espulsione di due giocatori , reagirono
violentemente colpendo l’arbitro Bellè con una sasso alla testa, a
conclusione di incidenti in campo. Fu costretta ad intervenire la
“Celere” a protezione dell’arbitro e del Napoli.
LA RISERVA MENTALE DELL’ARBITRO RIGHI
(10 gennaio 1954)
-
Protagonista assoluto allo Stadio del Vomero l’arbitro Righi di
Mestre, autoritario, ma per niente preciso. Il Napoli di Jeppson,
Amadei e Bugatti affrontava il Genoa bisognoso di punti per la
salvezza. L’arbitro non seppe contenere il gioco duro dei liguri.
Falli plateali del Genoa non puniti, gol in fuorigioco dei rossoblu,
nonostante lo sbandieramento del guardalinee, rigori non concessi al Napoli: mai vista una serie così lunga di
errori, mentre sugli spalti la folla era in fermento. Righi arrivò
persino a ritenere in gioco un pallone ribattuto in campo da un
fotografo, appostato dietro la porta di Bugatti. Inevitabile il
tentativo di invasione di campo, prontamente respinto dalla Forza
pubblica, con partita sospesa per cinque minuti. Ma dopo la ripresa
del gioco, uno spettatore riuscì a ad entrare sul terreno,
nell’intento di arrivare all’arbitro; sulla sua strada, però, trovò Comaschi, che prima lo stese con un violento huppercut e poi
consegnò l’invasore ancora incosciente ai poliziotti. Da quel
momento l’arbitro cambiò: diventò più “morbido” nei confronti degli
azzurri e in pieno recupero assegnò un rigore al Napoli per una
carica inesistente ai danni di Vinjei in area: gol di Amadei, 3-2
per gli azzurri. Evidente la falsa vittoria. I giocatori del Genoa
furono rassicurati subito da Righi: la partita era stata da lui
considerata chiusa prima della fine per le intemperanze del
pubblico. “Non fate storie in campo, la partita ve la do vinta nel
referto” dichiarò ai genoani. Righi inopportunamente ribadì la sua
decisione anche dopo la partita, quando accettò di fare il viaggio
di ritorno con i liguri. E nelle dichiarazioni alla stampa, i
genoani confermarono di aver avuto in anticipo e in confidenza
l’assicurazione del 2-0 a tavolino. Provocarono così polemiche e
reazioni anche nella Federcalcio. Il Giudice puntualmente fu
costretto ad assegnare la vittoria al Genoa (art. 58), ma evitò di
aggiungere la squalifica del campo al Napoli. Solo 300 mila lire di
multa. Nella foto, la Polizia fa uso di candelotti lacrimogeni
per contenere i tifosi azzurri contestatori.
COLPI DI PISTOLA PER BLOCCARE GLI INVASORI (6 novembre 1955)
-
Preceduta da due arbitraggi negativi per gli azzurri (contro la Roma
in casa e a Bergamo contro l’Atalanta), la partita con il Bologna al
Vomero fu tra le più drammatiche che la storia del Napoli ricordi.
Un quarto d’ora d’inferno, protagonista l’arbitro Maurelli di Roma,
autore di un arbitraggio “tecnicamente imperfetto e psicologicamente
insufficiente”, scrissero le cronache del tempo. Ad un quarto d’ora
dalla fine, il Napoli vinceva per 3-0, nonostante falli e scarponerie dei felsinei passati inosservati. Sul finire due gol del
Bologna. Dunque 3-2. Mentre tutti guardavano l’orologio, l’arbitro
si trastullava, prolungando di qualche minuto la gara, giusto il
tempo per fischiare al 47’ un rigore contro il Napoli molto dubbio.
Un dipendente del Napoli, Piccolo, andò a protestare, ma incontrò
sulla sua strada il massaggiatore del Bologna, che gli piombò
addosso, tramortendolo con un colpo di bottiglia in testa. Al
masseur bolognese un poliziotto mise sul momento persino le manette.
Inevitabile l’invasione dai Distinti mentre Maurelli, protetto da un
poliziotto, guadagnava gli
spogliatoi ed uno dei guardalinee veniva percosso. Di fronte alle
centinaia di tifosi entrati in campo, incontenibili, la Polizia
commise l’errore di ingaggiare una vera guerriglia con gli invasori,
con lanci e rilanci, da entrambe le parti, di pietre e lacrimogeni.
La situazione diventò tragica, quando i tutori dell’ordine
cominciarono a sparare in alto a scopo intimidatorio. Oltre un’ora
di assedio, centoquaranta i feriti, tra cui sette gravissimi, 92
medicati e curati nell’infermeria azzurra, trenta fermi, quindici
arresti. Un’inchiesta fu predisposta dal ministro degli Interni,
Tambroni. Maurelli dichiarò di essere pronto a ritirarsi. Il Giudice
omologò il 3-3, con tre giornate di squalifica, poi ridotte a due . A
Bari la Juve e a Roma la Fiorentina. Questa partita con i viola
(2-4) il 31 dicembre 1955, fu la prima trasmessa in diretta Tv dalla
Rai con anticipo al sabato. Quell'infelice arbitraggio consigliò o
costrinse Maurelli a dare le dimissioni. Nella foto, idranti della Polizia
sulla folla e l'arbitro Maurelli in fuga protetto dalla Forza
Pubblica.
CONTRO L’INTER LACRIMOGENI IN CAMPO
(22 gennaio 1956) - Scontate le
due squalifiche di campo per gli incidenti di Napoli-Bologna, gli
azzurri tornarono al Vomero dopo due mesi e mezzo contro l’Inter.
Arbitro il pur bravo Liverani, che non annullò il gol in contropiede
del nerazzurro Massei, nonostante lo sbandieramento del segnalinee
per fuorigioco. Tafferugli, parapiglia generale e tentativo di
invasione respinto. Ritornata la calma, l’Inter raddoppiò
regolarmente con Lorenzi, il quale continuò l’azione nonostante un
fischio udito in campo. La difesa napoletana si fermò, non “veleno”,
un caratteraccio, che segnò e poi beffeggiò Bugatti e Comaschi dopo
il gol. Il terzino azzurro protestò con l’arbitro per il fischio che
era echeggiato e per l’atteggiamento provocatorio di Lorenzi,
finendo , però, lui anzitempo negli spogliatoi. L’espulsione provocò
la reazione di un gruppo di facinorosi con una fitta sassaiola e
l’impiego degli idranti, una specie di continuazione della
“battaglia” precedente col Bologna. Il fischio del resto era stato
udito da tutti sul campo, anche nella tribunetta stampa. Liverani
sostenne di non aver fischiato e riuscì a portare a termine la
partita (0-2). Lorenzi evitò l’aggressione all’ingresso negli
spogliatoi, grazie anche a dei lacrimogeni. Conclusione: due
giornate di squalifica al campo, poi ridotte a una (il Padova a
Pescara). Dopo quella sconfitta, Lauro licenziò Monzeglio e assunse
come allenatore Amadei. Nella foto, l'arbitro Liverani ed i
giocatori
si riparano dalla pioggia di oggetti e pietre al loro rientro negli
spogliatoi del Vomero.
SQUALIFICHE PER 3 VOLTE IN UNA STAGIONE! (29 aprile 1956)
- Terza
partita di fuoco in questa stagione ’55-’56 particolarmente violenta
dei tifosi azzurri. Al Vomero ospite la Lazio dello svedese
Selmosson, “bestia nera” di Comaschi. Agli immancabili scontri tra i
due rivali e al risultato di 2-1 per i laziali, seguirono dagli
spalti i lanci di tre (dicesi tre) pietre. Per sfortuna del Napoli,
una di esse colpì l’arbitro Rigato e un’altra il commissario di
campo, il barese Benetti. Punteggio confermato, ma vista la
recidiva, il campo del Vomero fu squalificate per altre tre giornate
da disputarsi su campo neutro: a Livorno (contro la Spal), a Lucca
(la Triestina) e ad Arezzo (il Vicenza).
ARBITRO IN FUGA NELL’AUTO DEL COMANDANTE LAURO (4 ottobre 1959) -
Ancora il Genoa al proscenio. Cinque anni dopo. Non c’era Righi
stavolta , ma un arbitro novellino, Bruno De Marchi da Pordenone,
non all’altezza di una partita così importante per la classifica.
Dopo il gol di Barison che aveva portato in vantaggio il Genoa,
l’arbitro commise due errori, uno dopo l’altro, non tecnici, ma
psicologici, dovuti all’inesperienza. De Marchi fischiò un rigore
per fallo su Vinicio proprio mentre Luis cadendo riusciva a colpire
egualmente la palla e a segnare (!). Niente gol, ma penalty da
battere. De Marchi irremovibile di fronte alle proteste degli
azzurri e dei tifosi. Tiro del nervosissimo Comaschi, palo, il
terzino riprendeva la palla (vietato dal regolamento) e la passava a
Di Giacomo, gol annullato. 1-0 per il Genoa, e Napoli ultimo a zero
punti. Immaginarsi la tensione sugli spalti. Una vera bolgia, mentre
i giocatori guadagnavano il sottopassaggio sotto una fitta pioggia
di pietre. A questo punto, entrò in scena la Polizia, indirizzando
gli idranti verso le gradinate, quelle vicine al sottopassaggio,
dove le reti erano state divelte. Ma dopo un po’ la pressione
dell’acqua venne meno (chissà come e perché…) e la “Celere”, fu
costretta prima al lancio dei lacrimogeni, poi intrecciò con i
tifosi una vera, ignominiosa sassaiola. Bilancio: sessanta agenti
feriti, di cui alcuni gravemente, trenta tifosi contusi, venti
fermi, dodici arresti. L’arbitro lasciò lo stadio , ben accucciato,
protetto nella macchina del Comandante Lauro. “Vienetenne cu mme –
gli disse – debbono passare sul mio corpo” e fuori le auto della
Polizia erano ancora impegnate in pazzeschi caroselli. Per il
Giudice fu 2-0 a tavolino a favore del Genoa, accompagnato da una
giornata di squalifica al campo ( a Livorno contro l’Atalanta).
Nella foto, la Polizia al Vomero usa gli idranti per bloccare la
rabbia dei tifosi in Napoli-Genoa.
IL
NAPOLI IN B, SALLUSTRO IN LACRIME
(4 giugno 1961)
- Stavolta l'arbitro (Angelini) non c'entra. La protesta dei
tifosi con qualche lancio di oggetti in campo al San Paolo è
provocata da una nuova deludente prestazione degli azzurri che danno
un indecoroso addio alla Serie A, perdendo all'ultima giornata per
2-1 contro il Padova di Nereo Rocco. Del resto, tutto era stato
previsto, dato il clima che esisteva intorno al Napoli, aggrappato
ad un filo di speranza dopo un campionato penoso. Imponente
spiegamento di polizia, le pompe idrauliche disposte
tutte intorno al campo, gli ordini ricevuti preventivamente dai
giocatori azzurri di correre subito negli spogliatoi a fine gara. La
reazione della folla c'è stata, per fortuna non troppo violenta. C'è
più disprezzo che ira. Un tifoso lancia una scarpa in campo che
sfiora Sallustro. Il tecnico (subentrato nelle ultime due giornate
sulla panchina di Cesarini in un estremo tentativo) blocca la
sommossa, raccoglie la scarpa, si avvicina al bordo del campo,
la restituisce al legittimo proprietario. Poi scoppia in lacrime e
provoca un applauso che blocca la reazione contro i giocatori
senza amor proprio e senza orgoglio. Nelle foto, Attila Sallustro
piangente rientra negli spogliatoi e l'intervento della Polizia
sugli spalti del S. Paolo per bloccare alcuni tifosi delusi per la
sconfortante delusione della squadra azzurra.
BOMBA CARTA SU MONZEGLIO: VA IN OSPEDALE (6 gennaio 1963)
- Si
giocava al San Paolo, la folla era irritata, ma stavolta contro il
Napoli deludente e avviato ad una nuova retrocessione in Serie
B. C'erano
confusione societaria
tra Lauro, Cuomo, Corcione, Fiore, Scuotto, debolezze tecnichee
attriti tra Pesaola e Monzeglio, liti con i giocatori e tra gli
stessi, quindi quattro azzurri squalificati per doping a San Siro.
La squadra partenopea era nella bufera, i tifosi incontenibili nella loro
rabbia. Durante Napoli-Torino (2-2) , il pubblico inferocito per gli
errori degli azzurri se la prese con la panchina del Napoli dove
sedevano Roberto Fiore, Bruno Pesaola, Eraldo Monzeglio e il medico
Athos Zontini. Una grossa
bomba-carta venne lanciata al loro indirizzo ed esplose
fragorosamente. Monzeglio si accasciò al suolo: perdeva sangue dalla
testa e dalla schiena. Trasportato a braccia negli spogliatoi, in
preda a choc, il tecnico azzurro fu subito ricoverato alla Clinica Mediterranea, dove
si riprese solo dopo un paio di giorni. Era una semplice avvisaglia.
Di peggio doveva poi accadere qualche mese dopo, con l’arrivo del
Modena e lo stadio San Paolo letteralmente violentato dai tifosi
inferociti. Nella foto,
Eraldo Monzeglio viene trasportato a braccia negli spogliatoi del
San Paolo, dopo essere stato colpito da una bomba carta mentre
sedeva sulla
panchina del Napoli.
DISTRUTTE LE PORTE AL SAN PAOLO (28 aprile 1963) - Un’altra partita
con esito drammatico. Fu la prima invasione nel nuovo stadio San
Paolo, nel giorno in cui si votava per il rinnovo della Camera e del
Senato. Arbitro il pur famoso Campanati. Di scena il Modena, diretto
avversario nella lotta per la salvezza. Due gol dei canarini, il
secondo con una vistosissima aggiustatine di mano di Bruells. Pochi
minuti dopo su calcio d’angolo, il difensore modenese Balleri
deviava la palla con le mani, impedendo a Fanello di segnare.
Fischio dell’arbitro: ma anziché il rigore l’arbitro fischiava una
punizione contro il Napoli. Quindi nuovo fallo di rigore non visto
su Tomeazzi. Era la scintilla. Prima una pioggia di oggetti, poi
un’invasione solitaria invasione bloccata dalla Polizia, quindi una
marea di esagitati in campo, costrinsero giocatori ed arbitro a
fuggire negli spogliatoi. Ma non era finita: la folla inferocita,
anche per il comportamento deludente degli azzurri, si impadronì del
campo, approfittando anche della carenza di Forza Pubblica impegnata
soprattutto nei seggi per le votazioni. Impossibile impedire gravi
atti di vandalismo. Furono divelti i tabelloni pubblicitari che
servirono da ponte dagli spalti per invadere il terreno di gioco.
Spaccati i marmi, asportati i travertini delle gradinate e distrutte
totalmente le due porte in campo. I danni allo stadio superarono i 130 milioni
dell’epoca. 148 furono i fermi, 62 i feriti. Un pomeriggio di vergogna. Si
parlò di invasione organizzata. Le scene furono altamente
drammatiche. Alla fine, due a zero del Giudice Sportivo e retrocessione ormai
acquisita. Quattro le giornate di squalifica al campo, poi ridotte a
tre, di cui una scontata nello stesso campionato (col Bologna sul
neutro di
Bari) e le altre riversate nella successiva stagione in Serie B.
Nella foto, i tifosi invasori nella partita con il Modena
distruggono le porte dello stadio San Paolo
LO BELLO BLOCCO’ L’INVASORE ALL’OLIMPICO
(1 0ttobre 1967) –
Ventimila napoletani al seguito degli azzurri all’Olimpico contro la
Roma. Sul risultato di 2-1 per i giallorossi, un atterramento
impunito di Altafini e una successiva espulsione di Juliano
provocarono la reazione dei tifosi napoletani. Un focoso giovane del
Rione Traiano, Gaetano Ramaglia, con un acrobatico balzo atterrò sul
terreno dell’Olimpico, dribblò due azzurri che tentavano di
placcarlo e giunse al cospetto del famoso Concetto Lo Bello, un
arbitro bravissimo, spesso volutamente protagonista, irritante e
temuto dai giocatori. Il “signore di Siracusa” fischiava un rigore
dopo l’altro. Dalle tribune gli urlavano spesso “Duce-Duce-Duce”, ma
lui ,insensibile, continuava a correre impettito. Lo Bello, per
niente intimorito, aspettò l’invasore solitario a piè fermo, ma
questo, una volta giunto, davanti all’arbitro si bloccò e rimase
immobile, impietrito dallo sguardo severo del siciliano che senza
usare violenza al suo mancato aggressore, lo prese con fermezza per
un braccio e lo consegnò ai poliziotti, inseguitori mancati. Nessuna
conseguenza per il Napoli.
A MARASSI L’ARBITRO GONELLA AZZOPPATO
(5 novembre 1967) - Drammatico
finale di Sampdoria-Napoli a “Marassi”. I blucerchiati, in vantaggio
con un gol di Frustalupi, si videro costretti al pareggio a tre
minuti dalla fine, a seguito di un discusso calcio di rigore
assegnato da Gonella e trasformato da Altafini. Dura contestazione
dei tifosi genovesi, pietre in campo. Una colpì l’arbitro alla gamba
destra. Gli incidenti proseguirono e Gonella venne assediato negli
spogliatoi liguri.
SBARDELLA IN FUGA DA PALERMO SULL’ELICOTTERO (16 marzo 1969)
- Derby
del Sud a Palermo, con l’arbitro Sbardella particolarmente ostile
nei confronti del Napoli. Al termine del primo tempo (1-1) un
inedito Ferlaino, da appena due mesi presidente del Napoli e forse
ignaro delle regole, entrò alterato nello spogliatoi dell’arbitro
ed esclamò: “Arbitro lei si sta facendo arbitrare dal pubblico!”
Improvvisamente, ma forse anche conseguentemente, Sbardella nella ripresa
cambiò il tenore dell’arbitraggio, dimostrandosi più “morbido” di
prima verso gli azzurri. E dopo il vantaggio del Palermo (2-1,
doppietta di Troja) assegnò un calcio di rigore al Napoli.
Tra
bordate di fischi, Altafini (che precedentemente era stato
perseguitato dai tifosi palermitani) non sbagliò e, in segno di reazione e di
giubilo per il pareggio raggiunto, alzò il braccio destro al cielo.
Ma questo
gesto diventò successivamente offensivo quando i tifosi siciliani
notarono che sull’avambraccio Altafini aveva poi maliziosamente poggiato
l’altra mano, mimando così il "gesto dell’ombrello". Si tentò in più
punti di scavalcare la rete di recinzione per punire l’arbitro ed il
brasiliano. La Polizia riuscì a contenere la rabbia dei tifosi
locali e la partita riprese dopo un quarto d’ora, ma quando il
terzino Miceli segnò il gol della vittoria azzurra (3-2), la folla non
ebbe freni. Obiettivo dei tifosi Altafini e l'arbitro. Mentre l’arbitro e i giocatori
delle due squadre (nel Palermo giocava anche l'allenatore azzurro
Edy Reja, allora centrocampista) raggiungevano in un lampo
gli spogliatoi, ebbe inizio una violenta sassaiola dei teppisti
verso le Forze
dell’ordine. L’assedio allo stadio durò tre ore, ma
molto prima l’arbitro aveva lasciato lo stadio a bordo di un
elicottero delle Forze dell'Ordine, atterrato sul rettangolo di
gioco, mentre gli azzurri raggiungevano
l’aeroporto (assediato) nascosti in due cellulari. Il collega
Giuseppe Pacileo, appena
uscito dallo stadio, si imbattè in un distinto signore che portava
per mano il figlio di sei-sette anni e lo senti
esclamare ” Uno ne
dobbiamo ammazzare. E dopo ci rispetteranno!” Luminoso esempio di
insegnamento e di preparazione alle future generazioni. Per il
Palermo arrivò ovviamente la sconfitta (2-0) a tavolino (art. 50) e la
squalifica del campo di gioco per due domeniche. Dopo la partita,
Altafini fu querelato da un gruppo di tifosi palermitani che si
erano ritenuti offesi dal gesto. Uno alla volta, questi tifosi
furono convinti a ritirare la querela. L'ultima fu una
farmacista che pretese un incontro con Josè a Palermo.
Altafini riuscì a convincere la signora che il suo gesto era stato
male interpretato... Nella foto, il gesto offensivo di Altafini
dopo il suo gol a Palermo. Josè è trattenuto da capitan
Juliano.
CONTRO LO
SWINDON TOWN INVASIONE E DANNI AL SAN PAOLO
(28 maggio 1970)
Incidenti stavolta per una partita internazionale. Napoli-Swindon
Town, finale del torneo anglo-italiano. Invasione di campo, gravi
danni allo stadio San Paolo per ottanta milioni. Una bella cifra per
quei tempi. L'impianto di Fuorigrotta fu squalificato per due anni
in ambito internazionale. Era il Napoli di Zoff, Bianchi, Juliano,
Altafini.
IL MILANISTA VILLA COLPITO CON UN LANCIARAZZI (20 dicembre 1970)
-
Le due prime della classe, Napoli e Milan si affrontavano al San
Paolo, in clima natalizio, tanto per spiegare come mai sul campo i
fuochi di artificio non si sprecarono, anche in considerazione
dell’avvenimento calcistico di eccezionale importanza. I rossoneri
andarono in vantaggio al 37’ e con una tattica guardinga
conservarono il risultato sino al termine.
A pochi minuti dalla fine
un tifoso stupido e criminale indirizzò con la pistola lancia razzi
un colpo sui milanisti, a seguito di una decisione contestata
dell’arbitro Lo Bello. Il razzo (forse due) esplose nelle vicinanze
di un gruppo di giocatori ospiti nei pressi della linea laterale e
il rossonero Villa si accasciò al suolo. La folla fischiò il gesto
sconsiderato del teppista, intuendo anche come sarebbe finita la
partita. E infatti arrivò il 2-0 a tavolino e la squalifica del
campo per una giornata ( Napoli-Verona a Bari) da parte del Giudice
sportivo, il mitico avvocato Barbè. Al collega Pacileo che era
andato a salutarlo negli spogliatoi a fine gara, Concetto Lo Bello
disse in napoletano: “ Mettimmece ‘stu lutto…”, preannunciando così
le punizioni del Giudice. Il folklore, lo spettacolo pirotecnico e
pittoresco era scaduto quindi in teppismo. Ferlaino, alla vigilia,
aveva persino messo premi in palio fra il pubblico affinché non
venissero sparati mortaretti o petardi, ma venne sopraffatto: due
ore di fuochi continui, un “ineguagliabile spettacolo” all’altezza
di un fine anno, come fu superficialmente definita quella
rappresentazione pirotecnica, si concluse nella maniera peggiore, da
non ripetere o imitare. Purtroppo gli spari dagli spalti ebbero
diversi seguiti deleteri nel corso degli anni. Nella foto, Lo Bello arbitro di Napoli-Milan, uno dei migliori
direttori di gara.
L’ARBITRO IN SALVO SULL’AUTO DI FERLAINO
(23 dicembre 1973)
- Dopo
tre anni il Napoli capolista, guidato da di Vinicio, perse
l’imbattibilità casalinga, sotto i colpi del Milan e per i gol di
Biasiolo e Chiarugi che avevano prima raggiunto il Napoli (gol di
Canè) e poi lo avevano superato (1-2). La perdita del primato e il
comportamento dell’arbitro Menegali di Roma trasformarono i tifosi,
che di recente avevano acquisito una nuova credibilità. Incidenti
sugli spalti, tentativi sventati di invasione di campo, lacrimogeni della Polizia. Ferlaino fu costretto ad accompagnare
l’arbitro alla stazione. Per fortuna l’arbitro nel suo rapporto
non infierì. Arrivò solo una multa di due milioni e 300 mila
lire.
A VERONA ASSEDIO AI NAPOLETANI (1 settembre 1974)
- Stavolta una
partita di Coppa Italia, a Verona, con i tifosi gialloblu ancora
risentiti per la retrocessione in B, dovuta alla denuncia
dell’azzurro Clerici, il quale sul finire del campionato precedente,
alla vigilia di Verona-Napoli, aveva rivelato che il presidente
Garonzi aveva tentato di corromperlo promettendogli una
Concessionaria Fiat in Brasile. Quindi processo e retrocessione
degli scaligeri. Prevedibile il clima ostile per gli azzurri. Ancora
più ostile poi per il successo finale ( 2-1) della squadra di
Vinicio, dopo un gol di Esposito su rigore ed un gol di Braglia a
cinque minuti dalla fine. Invasione al termine del primo tempo,
invasione ancora più massiccia a fine gara, dopo un nutrito lancio
di pietre, seguito poi da un assedio ai giocatori napoletani negli
spogliatoi. Il pullman del Napoli fu preso a bersaglio da questi
esagitati e si uscì da quella bolgia solo dopo alcune ore. Le due
giornate di squalifica al campo veronese (poi ridotte ad una) furono
considerate una punizione molto mite.
UNA BOTTIGLIETTA SULLA TESTA DEL SEGNALINEE (15 dicembre 1974) -
Contro la Juve al San Paolo, Vinicio vide fallire la tattica del
fuorigioco, e del calcio totale, che aveva appreso dagli olandesi
durante i mondiali in Germania. L’organico azzurro non era ancora
adatto a quegli schemi e il primo tempo terminò con la Juve in
vantaggio per 3-0, con i gol degli ex Altafini e Damiani. Nella
ripresa il Napoli, peraltro anche stanco per una “battaglia” in
Coppa Uefa contro il Banik, perse la testa, Clerici sbagliò un
rigore, ma realizzò una doppietta. Poi i gol bianconeri diventarono
sei. A pochi minuti dal termine alcuni teppisti, delusi per la
pesante sconfitta, iniziarono un nutrito lancio di oggetti verso i
segnalinee. Una bottiglietta colpì sfortunatamente un collaboratore
dell’arbitro e fu chiaro che sarebbero arrivate le squalifiche di
campo. Furono tre, poi ridotte a due (a Roma contro il Torino e poi
contro il Varese). Il risultato eclatante (6-2) non venne cambiato
dal Giudice Sportivo. Fu, quella, la stagione del secondo posto a
due punti dalla Juve e della famosa sconfitta in extremis , sempre contro
la Juve, a Torino, a seguito del gol a sorpresa con la zampata
risolutiva di Josè Altafini, “panchinaro” e “core ‘ngrato”, entrato
in campo a pochi minuti dalla
fine. Nella foto giocatori in fuga sotto le pietre contro la Juve
IN UNA STAGIONE DUE TENTATIVI DI INVASIONE (9 gennaio 1977)
- La Juve vinse al San Paolo con due gol di Boninsegna e Scirea nel giro
di sei minuti finali.
Arbitro il fiorentino Menicucci. La folla
delusa reagì alla sconfitta. Incidenti, lancio di oggetti in campo,
tentativo d’invasione. Il Giudice Sportivo confermò il due a zero
per i bianconeri. Il Napoli giocò in campo neutro due partite (a
Bologna contro il Perugia e a Roma contro il Catanzaro). Altri
incidenti sempre al San Paolo il 22 maggio contro la Fiorentina,
arbitro Falasco, ultima giornata. Dopo il vantaggio viola, per un
autogol di Castellani, ed il pareggio di Savoldi, a 5' dalla fine,
l'arbitro Falasca non concesse un rigore al Napoli per un evidente
atterramento di Massa. Sul rovesciamento di fronte, Caso conquistò
la vittoria per la Fiorentina. A quel punto saltarono i nervi un po’
a tutti, Juliano lanciò il pallone contro l’arbitro (si beccò
quattro turni di squalifica) La successiva invasione di un tifoso,
bloccato prima di raggiungere l’arbitro, provocò lo 0-2 a tavolino,
più 4 giornate di squalifica al campo (poi ridotte a 3) ed un punto
di penalizzazione in classifica finale, perché il Napoli era
recidivo nella stessa stagione per episodi di teppismo. Tre i feriti
ed un morto per infarto sugli spalti. Nella foto, capitan Juliano.
Fu talmente irritato dall'arbitraggio di Falasco in
Napoli-Fiorentina da lanciargli palesemente il pallone contro e pagò
con quattro giornate di squalifica.
DUE GIOCATORI LAZIALI ALL’OSPEDALE (7 gennaio 1979) - Napoli-Lazio
al San Paolo. Mentre le squadre facevano il loro ingresso in campo,
alcuni tifosi del Napoli cominciarono a sparare, in segno di
giubilo, alcuni razzi che, mal diretti, esplosero nei paraggi del
gruppo laziale. I giocatori Manfredonia e Pighin, rimasti a terra
storditi per lo scoppio, furbescamente fecero ritorno negli
spogliatoi e non giocarono. Vennero accompagnati in ospedale dove
accusarono disturbi all’udito, con un presunto (i napoletani
sostennero “molto presunto”) trauma ipoacustico percettivo destro.
L’incontro terminò 1-1 (gol di Nicoli e Savoldi), ma il Giudice
Sportivo applicò il 2-0 a tavolino in favore della Lazio e una
giornata di squalifica del campo, a Pescara contro il Verona. In
quest’ultima partita, risolta da un contestatissimo rigore
trasformato da Savoldi, il popolare presidente del Verona Garonzi,
(quello che aveva tentato di corrompere l’azzurro Clerici cinque
anni prima) infuriato contro l’arbitro Menicucci, quel giorno, 21
gennaio 1979, chiuse col calcio: squalifica a vita!
SQUALIFICA CON L’EINTRACHT DA SCONTARE
(7 dicembre 1994)
- Stavolta
gli incidenti non si registrarono in campionato, ma in Coppa Uefa,
dove gli azzurri vennero eliminati al terzo turno dall'Eintracht
Francoforte (1-0 sia all'andata che in uno sfortunatissimo ritorno).
Nella gara di andata dagli spalti di Fuorigrotta furono lanciati
molti oggetti in campo: lo stadio San Paolo venne squalificato a
livello europeo, squalifica che a tutto il 2007 non era stata ancora
scontata.
BOTTIGLIETTA
SUL GUARDALINEE
(3 dicembre 2000) -Durante Napoli-Bari (1-0) diretta
dall'arbitro Rodomonti, tensione sugli spalti. Vengono lanciati
alcuni oggetti, una bottiglietta colpisce un guardalinee. Il Giudice
affibbia alla società azzurra una giornata di squalifica, poi
cancellata in appello.Il Napoli in quella stagione viene retrocesso.
AL DEBUTTO DI EDMUNDO, RAZZO IN CAMPO E SQUALIFICA (21 gennaio 2001)
- Era il Napoli del duo Ferlaino-Corbelli, destinato ad una nuova
retrocessione in B. Al San Paolo di scena l’Udinese e vittoria per
1-0 dei friulani con gol di Sosa al 68’ (sì, proprio l’argentino
Sosa tesserato poi dal Napoli di De Laurentiis), e con l’esordio di
Edmundo “’o animal” in maglia azzurra. Arbitro Ayroldi. Di fronte
alle contestazioni dei tifosi, il Napoli ipotizzò un complotto. Un
razzo partì dal settore dei “Fedayn” della curva B e finì sul
terreno di gioco. Una giornata di squalifica del campo (a Palermo
con la Fiorentina), anche perché alcune settimane prima, il 3
dicembre, in Napoli-Bari dai distinti una bottiglietta era stata
lanciata in campo, colpendo un guardalinee Il San Paolo fu
squalificato e poi la pena venne sospesa.
LA SOCIETA’ NEL MIRINO DI TIFOSI ORGANIZZATI (27 gennaio 2002) -
Campionato di Serie B. Quello della travagliata “liquidazione” di Ferlaino, l’arresto di Corbelli, l’arrivo di Naldi. Incidenti prima
durante e dopo la partita con la Salernitana (1-1) . A Napoli c’era
clima di contestazione contro la società. Prima della partita furono
distribuiti volantini che invitavano i tifosi a disertare lo stadio.
Il bus della Salernitana fu oggetto di lanci di pietre e vennero
feriti il medico e il massaggiatore granata. Dopo l’avvio della
gara, col Napoli in vantaggio, un gruppo di ragazzi, utilizzando
materiale per lavori di ristrutturazione, raggiunsero il bordo
campo. Vennero placcati dalla Forza Pubblica, un ragazzo sgusciò
alla presa e si avvicinò al portiere Mancini baciandolo. Chiaro che
era in corso un’azione di disturbo per creare problemi alla società.
La partita era solo un’occasione. Pochi minuti dopo dai Distinti
partì un razzo che colpì di struscio un ragazzo in curva A,
bruciacchiandogli il giubbotto. La società azzurra parlò di
strategia della tensione ai suoi danni. Alla fine un
manipolo di teppisti aspettò i tifosi granata per aggredirli. Furono
dispersi dalla Polizia. 4 feriti 7 denunciati, una giornata di
squalifica al campo.
IL DERBY MAI GIOCATO DI AVELLINO, LA MORTE DI ERCOLANO (20 settembre
2003) - Un altro campionato negativo: 14° posto in serie B e una
situazione societaria drammatica fatta di milioni di euro di debiti,
stipendi non pagati, lotte interne alla società e un presidente, Naldi, poco scaltro, abbandonato al suo destino da tutto l'ambiente
a lui vicino, ormai
sul baratro del fallimento. La stagione azzurra
era partita subito male con un tragico evento verificatosi in
occasione del derby campano Avellino-Napoli: la partita non verrà
mai disputata (3-0 a tavolino a favore degli irpini) a causa
dell'invasione di campo da parte dei tifosi napoletani, e lunghi
scontri con le forze dell'ordine, letteralmente aggredite. Durante
gli incidenti, trovava la morte un giovane sostenitore azzurro: il
diciannovenne Sergio Ercolano, caduto, durante gli incidenti, da una
pensilina in plexiglass. Dopo questi tristi avvenimenti, il Napoli
fu costretto a giocare cinque partite a porte chiuse lontano dal San
Paolo, nello Stadio di Campobasso. La lunga squalifica al Napoli
venne inflitta per “dare un esempio”, ma non diede frutti
soprattutto nei confronti dei mascalzoni implicati negli scontri.
Nella foto, i primi soccorsi a Sergio Ercolano nello stadio "Partenio",
dopo la tragica caduta del tifoso.
CON LA ROMA IN COPPA, PORTE CHIUSE (8 dicembre 2005) - Prima fase
della Coppa Italia, ottavi di finale, partita casalinga d’andata tra
il Napoli in Serie C e la Roma protagonista in Serie A (gara perduta
3-0) davanti a 60 mila spettatori. Gli scontri tra tifosi e Polizia
prima, durante e dopo la partita, costrinsero il Napoli (e la Roma)
a giocare il “ritorno” all’Olimpico a porte chiuse (2-1 per i giallorossi che entrarono nei quarti). Il prefetto di Roma, Serra,
aveva disposto infatti che l’incontro, per esigenze di ordine
pubblico, si svolgesse senza gli spettatori sugli spalti. Furono
molti i fumogeni accesi nelle gradinate del San Paolo e gravi gli
incidenti anche fuori dello stadio a fine gara, con lanci di
lacrimogeni e pietre tra Polizia e teppisti. Venne persino assalito
da un gruppo di giovani il commissariato di Fuorigrotta, dove erano
stati rinchiusi alcuni tifosi arrestati.
TROPPI PETARDI, GARA SOSPESA DUE VOLTE (2 dicembre 2006)
- A seguito
delle sospensioni di Napoli-Frosinone, interrotta due volte
dall’arbitro Orsato in seguito all’esplosione di bombe carta, il San
Paolo, già diffidato, fu squalificato per una giornata, con
l’obbligo di giocare a porte chiuse la successiva gara interna con
il Mantova. Durante la partita col Frosinone erano stati esposti
anche due striscioni oltraggiosi nei confronti della Polizia.
Omologato il risultato di 1-1, il Giudice Sportivo sottolineò la “specifica e
reiterata recidività" dei sostenitori del Napoli, ma fece rilevare
nel dispositivo anche la
dissociazione di una parte della tifoseria azzurra.
MAI TANTA FOLLA AI BORDI DEL CAMPO (20 aprile 1958)
- Abbiamo
iniziato a scrivere queste pagine nere del tifo, citando il
“fattaccio” più clamoroso nelle cronache italiane, quello
addirittura delle pistolettate tra i sostenitori del Genoa e del
Bologna nella stazione di Torino, nel 1925. Le concludiamo,
ricordando una partita-modello in clima di comportamento, che è
rimasta nella storia per la sua eccezionalità. Una pagina bella,
insomma, rispetto a quelle nere. Fu scritta il 20 aprile 1958, in
occasione di Napoli-Juve allo stadio del Vomero, mentre gli azzurri
vivevano un momento magico (finiranno al quarto posto). Un mese
prima del termine del campionato, la Juve arrivò a Napoli con lo
scudetto praticamente già sul petto. Lo stadio vomerese non riuscì a
contenere tutti i tifosi riversatisi in collina. Cinquantamila?
Forse di più, rispetto ai 40-45 mila del “tutto esaurito”. Furono
forzati gli ingressi, saltarono tutti cancelli, anche quelli
divisori tra le tribune ed il campo di gioco. Quando Concetto Lo
Bello, il famoso, imperturbabile “re del fischietto”, si presentò
sul campo, lo trovò letteralmente invaso dai tifosi, tutti però
compostamente accovacciati ai bordi del terreno di gioco. Qualsiasi
altro arbitro non avrebbe dato inizio alla partita in quelle
condizioni. Lo Bello, invece, sfidò il regolamento, ebbe molto
coraggio ed ebbe anche fiducia nei tifosi napoletani che erano
seduti con le gambe che sfioravano le linee laterali e vivevano
l’avvenimento al fianco di Nicolò Carosio a bordo campo per la
radiocronaca . L’arbitro non battè ciglio. Gli andava bene e non se
ne pentì. Chiese ed ottenne il consenso di capitan Boniperti e
fischiò il calcio d’inizio. Tre volte segnò il Napoli (Vinicio 2 gol
e Brugola ) , tre volte segnò la Juve, grazie anche ad un’autorete
di Del Bene, in un’altalena di emozioni. Poi all’85’, con un tiro
violento, Bertucco mise a segno il gol della vittoria azzurra. E fu
un tripudio, col Napoli al secondo posto, dietro i quasi campioni
juventini. Scrisse Gino Palumbo: " I giocatori azzurri seppero
elevarsi a protagonisti di una delle più deliranti partite di
calcio cui fosse stato dato di assistere ad una folla scossa dalle
spasmodiche vicende del gioco, sconvolta dal sovrapporsi frenetico
delle emozioni, avvinta dall'eccitante sequenza dei gol". In tribuna il presidente juventino Gianni Agnelli, con la
sua riconosciuta sportività, esclamò alla fine: “ Sono orgoglioso
che uno spettacolo di folla di tale eccezionalità ed una simile
partita abbiano avuto a protagonista la mia squadra”. Può calare il
sipario.

Nelle foto: in alto, la folla seduta ai bordi del campo durante
Napoli-Juve del 1958; nei
tondi
Vinicio e Lo Bello protagonisti della partita; al centro, il
primo dei due gol gol di Luis ai bianconeri; in basso,
uno stralcio dell'articolo di Vittorio Pozzo sul settimanale "Calcio
e ciclismo illustrato", dopo il successo del Napoli sulla Juve, e il
Comandante Achille Lauro mentre saluta la folla nella famosa e
vittoriosa gara.
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